Jobs Act. Ora tocca tocca al governo

 

JOBS Act, è un acronimo: Jumpstart Our Business Startups Act, infatti non è una coincidenza che vada a formare la parola jobs.

Lo Jobs Act è costituita da una proposta sull’ inserimento, nel mercato del lavoro, del c.d. contratto senza tutele, ad oggi sono solo “parole”; da un D.L. 34/2014, convertito, con modifiche, in L. 16 maggio 2014, n. 78, che modifica il contratto a termine, l’apprendistato ed il contratto di somministrazione a tempo determinato, modifica l’elenco anagrafico dei lavoratori; smaterializza il Durc (sono necessario decreti ministeriali, che ad oggi ancora non ci sono); modifica il contratto di solidarietà (anche qui si rinvia a decreto interministeriale i criteri per l’individuazione dei datori di lavoro beneficiari delle agevolazioni per i contratti di solidarietà, che, inutile dire, non sono stati emanati); da un disegno di legge delega al Governo, che è stato rinviato a settembre, in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, di semplificazione delle procedure e degli adempimenti in materia di lavoro, di riordino delle forme contrattuali e di miglioramento della conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita.

Approvati dal Consiglio dei Ministri i primi due decreti attuativi della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183 recante disposizioni in materia di riforma del lavoro (c.d. JOBS ACT). I decreti si riferiscono al contratto a tutele crescenti e articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e riforma degli ammortizzatori sociali. I provvedimenti passeranno alle commissioni parlamentari  competenti per materia per la valutazione, che daranno un parere non vincolante, salvo poi ritornare al Consiglio dei Ministri per l’approvazione finale.

Dopo l’entrata in vigore della legge, è scattato il conto alla rovescia per l’adozione effettiva delle recenti novità in fatto di lavoro, e in particolare per le nuove assunzioni.

Lo scorso 24 dicembre, infatti, il governo ha presentato i primi due decreti sulle cinque sfere che vanno a interessare la riforma del lavoro, e su cui l’esecutivo ha ricevuto mandato dal Parlamento di dettare la disciplina, in virtù del meccanismo della legge delega.

Un cammino, come si ricorderà, tutt’altro che in discesa, quello del disegno di legge, che, però, non ha mancato l’obiettivo primario del governo, quello di riuscire a portare al traguardo il testo generale entro fine 2014, e potere, così, intervenire sulle materie ritenute più urgenti entro l’inizio del nuovo anno.

Così è avvenuto: il 24 dicembre il governo ha presentato due schemi di decreto, uno inerente i licenziamenti e l’altro sulle modifiche all’indennità di disoccupazione, o Aspi, così come è nota dal 2012: i primi riferimenti a essere utilizzati in concreto, sia nella stipula delle nuove assunzioni che per i casi di interruzione di rapporto di lavoro. Ora, migliaia di imprese e di lavoratori sono in attesa di poter ricorrere ai nuovi strumenti, anche se per i nuovi assunti le tutele subiranno una forte restrizione.

 

Quando entrerà in vigore il Jobs Act?

Con il Jobs Act, è stato varato il nuovo contratto a tutele crescenti, con la nuova disciplina sui licenziamenti e il reintegro.

Perché allora, al momento le novità non sono ancora vigenti? La risposta è che mancano ancora un paio di passaggi per completare l’iter dei decreti legislativi varati dal governo.

Entro pochi giorni, i decreti, che hanno ricevuto la bollinatura della Ragioneria dello Stato, dovrebbero approdare in coppia in Parlamento. Qui, dovranno ricevere il parere delle competenti commissioni parlamentari, in questo caso le commissioni Lavoro di Senato e Camera. Non mancano, tra gli esponenti degli organi parlamentari, alcune perplessità, in primis sull’applicazione o meno agli statali della nuova legge, anche se alla fine la quadra verrà trovata e i testi non dovrebbero subire particolari cambiamenti.

Una volta che i due decreti avranno chiuso il passaggio alle Camere, ci sarà l’attesa pubblicazione in Gazzetta ufficiale e, quindi, l’entrata in vigore a partire dal giorno immediatamente successivo. Secondo le stime, il percorso dovrebbe essere completato in breve tempo, ma non prima di metà febbraio: le imminenti elezioni del nuovo presidente della Repubblica potrebbero, infatti, rallentare la marcia del Jobs Act in Parlamento.

Il provvedimento promosso dal Governo Renzi mira a promuovere lo sviluppo di startup, semplificando una serie di procedure per le imprese, facilitando il reperimento di fondi e il crowdfunding . Offre una serie di agevolazioni alle cosiddette emerging growth companies (ovvero “imprese emergenti in crescita”), definite come quelle imprese con un fatturato lordo inferiore a un miliardo di dollari nell’ultimo anno fiscale. L’occupazione, anche se non ne costituisce apparentemente il focus, è invero un obiettivo chiave del provvedimento: il titolo I mira a riaprire i mercati di capitali americani per le imprese emergenti, il titolo II a facilitare l’accesso ai capitali per imprese che creano occupazione (Access to capital for job creators), il titolo III riguarda il crowdfunding, il titolo IV le piccole imprese, il titolo V i temi della flessibilità e della crescita. Anche se titolo II ha trovato piena applicazione solamente nel settembre 2013 mentre il titolo III è ancora in attesa di attuazione da parte della Securities and Exchange Commission (Sec), la strada è tracciata e già si registrano i primi effetti positivi delle agevolazioni nell’accesso al crowdfunding facendo leva sulle possibilità messe a disposizione dalla rete per le nuove micro e piccole imprese.